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Wine influencer: quali i migliori

Marco

wine influencer marketing

Le classifiche non mi piacciono, non hanno senso, limitano e impoveriscono panorami ben più complessi.

Le classifiche aiutano solo chi le fa a ricevere qualche attenzione in più rispetto al nulla.

Le classifiche, così come i punteggi, sono formule vecchie, stanche, immediatamente inattuali, anacronistiche sin dal momento del loro concepimento.

Forte di queste mie incrollabili convinzioni, ho deciso di stilare una mia personale classifica di wine influencer.

Scherzavo…

Ok lo ammetto, un po’ ti ho preso in giro, e ho fatto anche del click baiting sfacciato con il titolo di questo post. Ma le mie intenzioni sono davvero le migliori, e te lo dimostrerò se avrai la pazienza di seguirmi.

Questo post, dunque, non contiene una classifica di wine influencer, e non la contiene per i seguenti motivi:

  • per quello che ho scritto all’inizio
  • perché una classifica del genere ha senso tanto quanto cercare di sciabolare un fiasco di Chianti
  • perché le classifiche sono fatte per i motori di ricerca e per quei pochi spiriti privi di immaginazione che ricercano certi contenuti
  • perché le classifiche invecchiano appena le pubblichi
  • perché un vero wine influencer non è in competizione con gli altri
  • perché allora dovrebbero esistere classifiche per i vignaioli, gli enologi, i consulenti digitali, gli avvocati, gli idraulici, etc etc

Allora perché questo post?

Per cercare di correggere la desolante e assolutamente errata risposta che Google offre alla domanda “quali sono i migliori wine influencer”, o ricerche simili.

Sì, hai sentito bene. Voglio cercare di dare in pasto a Google un contenuto sul tema in grado di offrire un’alternativa ai risultati proposti dal motore per questo tipo di frase di ricerca.

Ma osserviamo meglio cosa ci riporta Google se cerchiamo “migliori wine influencer”, o anche solo “wine influencer”, nella barra delle ricerche.

In prima posizione c’è un post di Cronache di Gusto del 31 gennaio 2018 che contiene dati vecchi, non aggiornati, confusi. Inserisce infatti in classifica figure che con l’influencer marketing non hanno nulla a che vedere; professionisti, blogger, magazine internazionali, basandosi unicamente sul numero di followers registrato al tempo.

Poco sotto uno di quei desolanti contenuti “copia incolla senza pensare” di Snapitaly (un esempio tra molti), che ha pure l’aggravante di essere più recente (aprile 2019), e che indica 3 profili italiani da seguire inserendone uno che è digitalmente morto e sepolto ormai da anni, e che già non esisteva più al tempo della scrittura del post.

Se tutto questo non è indice di poca serietà e scarsa considerazione del lettore, non so sinceramente cosa sia e a cosa possa servire. Aggiungo che, tempo fa, scrissi alla redazione del sito in questione segnalando l’assoluta inesattezza del contenuto. La cosa non servì ovviamente a nulla.

A seguire, troviamo una pletora di post acchiappa click, che non fanno altro che prendere per buoni i dati presenti sui principali riferimenti, ricopiandone ciecamente i contenuti (errori compresi ovviamente).

Ecco che, non potendo cancellare le migliaia di inutili e palesemente errate classifiche presenti oggi in rete sugli wine influencer italiani, ho deciso che l’unica cosa che potevo fare era cercare di contrastare il dilagare di questi deleteri contenuti, producendo un contenuto onesto (non onestissimo non essendoci la classifica) sul tema.

Ma quindi ho fatto un post solo per combatterne altri? Sì, almeno in prima battuta. Pensa di me ciò che desideri.

Per farmi perdonare ti darò dell’altro su cui riflettere.

Come siamo messi a influencer marketing nel mondo

Un interessantissimo (e non lo dico spesso) contenuto uscito a inizio mese sul sito primaonline.it, fotografa lo stato dell’influencer marketing a livello globale e per svariati settori.

Stiamo parlando di un’indagine condotta da agosto a ottobre 2019 da AKQA (agenzia digitale specializzata nella creazione di servizi e prodotti digitali) e IED (Istituto Europeo di Design), che ha visto coinvolte PMI (51%), grandi imprese (39%), startup (7%) e organizzazioni non-profit (3%).

Riporto qui solo qualche dato conclusivo e invito alla lettura del post linkato alla fine di questo sproloquio digitale.

  • gli investimenti in influencer marketing sono cresciuti del 45% nell’ultimo anno
  • il 67% dei brand è soddisfatto dei risultati ottenuti
  • crescono le campagne spot e diminuiscono le collaborazioni continuative (per la serie ti uso quando serve a me e alle mie condizioni)
  • i principali criteri di scelta degli influencer sono: l’affinità con i valori del brand, l’affinità con il target, lo stile e i contenuti
  • sono sempre meno importanti e valutati il numero di follower e il tasso di coinvolgimento (quest’ultimo parametro è invece a mio avviso fondamentale)
  • le qualità che più si ricercano sono creatività e sinergia su differenti canali, doti effettivamente piuttosto rare
  • gli obiettivi che i brand vogliono raggiungere sono principalmente reputazione educazione sul prodotto e vendita
  • la soddisfazione generale è alta ma, rispetto al 2018, è cresciuta anche la percentuale di insoddisfatti (+10% per un totale di 33%)
  • l’insoddisfazione deriva da: scarsa efficacia delle azioni, mancanza di affinità con i valori del brand, scarsa professionalità dell’influencer, scarsa autenticità nei contenuti prodotti
  • trasparenza e professionalità sono tra le caratteristiche personal più ricercate, segno che l’influencer marketing sta finalmente diventando una professione vera e propria, lasciandosi alle spalle le improvvisazioni e il ricorso ai trucchetti algoritmici

In relazione a questi dati e a queste tendenze globali e trasversali, il mondo del wine influencer marketing nostrano, resta a mio avviso un mondo a parte.

Ancora scarsamente allineato a quello di altri più evoluti settori come la moda, il turismo, il food, deve forse ancora compiere in passo verso una maggiore regolamentazione e trasparenza, e un altro verso una migliore credibilità delle figure che realmente possono fregiarsi di questo titolo.

Quali sono dunque i migliori wine influencer?

Quelli che:

  • si pongono seriamente e professionalmente nei confronti dell’azienda
  • sono chiari nella presentazione della propria offerta, delle proprie competenze, e della natura e segmentazione del proprio seguito
  • ricercano collaborazioni con aziende con le quali si sentono affini (non tutte, non a caso, non solo per puro guadagno)
  • sono onesti nella presentazione al proprio pubblico dei contenuti sponsorizzati
  • offrono risultati concreti e misurabili
  • offrono contenuti unici e creativi ma pur sempre orientati al raggiungimenti degli obiettivi dell’azienda vinicola che li ingaggia
  • possiedono anche un briciolo di competenze di marketing e comunicazione digitale
  • studiano e si formano costantemente come farebbe un qualsiasi altro professionista

Ci sarebbe sicuramente dell’altro da aggiungere, per ora mi fermo qui. Se hai suggerimenti scrivimi o commenta questo post.

Se ti piace quello che hai letto e hai voglia di condividerlo, magari insieme riusciremo convincere Google a posizionare questo contenuto nella prima pagina dei risultati di Google per chi cerca informazioni sul wine influencer marketing.

Come dicono altri ben più bravi di me: “cerchiamo di rendere internet un posto migliore”.

Fonte: primaonline.it


Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.

Nel caso in cui necessitassi di ulteriori approfondimenti o desiderassi contattarmi per una consulenza, puoi farlo tramite la chat Messenger o scrivendo a andreamarc79@gmail.com

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Marco

6 Responses

  • Claudio 19 Novembre 2019 at 15:10

    Post bellissimo e intelligente.
    Complimenti.
    Se mi permetti, leggendo i requisititi del perfetto wine influencer che hai elencato a fine post, mi viene da sintetizzarli molto semplicemente in una persona: onesta, seria e istruita. Possibile sia così difficile trovarne al giorno d’oggi?!

    Reply
    • Marco 19 Novembre 2019 at 17:03

      Grazie mille Claudio. In effetti la tua sintesi finale è calzante tanto quanto rara da trovare.

      Reply
  • Michela 20 Novembre 2019 at 18:24

    Complimenti Marco questo articolo è stato illuminate e mi è stato molto utile! Finalmente qualcuno che fa chiarezza su questo settore che ultimamente assomiglia ad un circo….Mi sono ritrovata molto in linea con i punti i cui esalti le caratteristiche positive che un buon wine influencer deve possedere e questo mi rincuora. Sono ancora un piccolo puntino in questo grande universo ma spero che attraverso questi commenti possiamo aiutarci a vicenda e “a far ragionare” meglio il Sign. Google e ad ottenere dati più completi per una classifica futura.

    Reply
    • Marco 21 Novembre 2019 at 8:23

      Grazie Michela, un passo alla volta ce la faremo!

      Reply
  • Ecommerce del vino (due o tre cose che so di lui e i miei appunti sparsi) | Intravino 17 Febbraio 2020 at 7:26

    […] Ma soprattutto, nella vita vera parlano da deficienti come scrivono? Scherzi a parte, leggetevi questo articolo di Marco Andreani che ha raccolto in giro un po’ di dati. In sintesi dice che sì, servono, le aziende sono […]

    Reply
  • Sara Cintelli 23 Febbraio 2021 at 14:56

    Ciao Marco, grazie per lo spunto interessante. Mi chiedo se sia possibile chiedere – e avere risposte sincere – dalle aziende che coivolgono i wine influencer per sapere se e quanto ritorno hanno in termini di visitbilità, fatturato, brand reputation DOPO le varie sponsorizzazioni sui profili social di queste persone. Perchè tutti questi codici sconto per acquistare i vini pubblicizzati…quante bottiglie muovono? O alle aziende interessa solo un ritorno di visibilità? (non penso, non a tutte almeno…)

    Reply
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    Marco Andreani

    Consulente di marketing digitale per aziende vinicole.

    Sono uno come te, e come te non bevo per dimenticare.

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